Verso la Conferenza Nazionale dei Parchi

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INCONTRI VERSO LA CONFERENZA
Evento seminariale: “Corona Verde = parchi per territorio – lo sviluppo urbano sostenibile al 2020”. Regione Piemonte – Venaria reale, 9 ottobre 2013.
Evento seminariale: “Arte, cultura, turismo e natura”.
Regione Piemonte – Castello di Rivoli, 5 novembre 2013.
Convegno: “Le specie migratrici: una risorsa strategica per l’economia delle comunità locali”. Ispra – Formia, 12 ottobre 2013.
Eventi collaterali alla Conferenza Nazionale sulla Biodiversità.
Wwf – Roma, Arezzo, Penne, 7/29 novembre 2013.
Manifestazioni sulla candidatura a riserva di biosfera del delta del Po.
Ente parco regionale Veneto del delta del Po – Porto Viro, Mesola, taglio di Po, 7/9 novembre 2013.
Iniziativa: “Il ruolo delle aree protette nella Strategia Nazionale della Biodiversità (SNB)”. Università di Salerno – Salerno, 6/8 novembre 2013.
Seminario: “La natura delle Marche: la green economy quale contributo allo sviluppo regionale”. Regione Marche – Ancona – 27 novembre 2013.
Iniziativa: “I parchi si confrontano con la scienza”. Convegno: “I parchi come luogo di intreccio tra green economy e green society”. Federparchi – Roma, 3/4 dicembre 2013
Cena in ricordo di Angelo Vassallo. Legambiente – Roma, 11 dicembre
Camogli International Marine Reserves film festival. Amp Portofino – Camogli, 6/8 dicembre 2013.
Evento regionale sul tema della green economy dal titolo:“ricerca ed esperienze in Campania”. Regione Campania – Napoli, 27 novembre 2013.
Confronto regionale: “verso la conferenza nazionale dei parchi – i parchi protagonisti dello sviluppo sostenibile del Lazio”. Romanatura – Ostia, 6 dicembre 2013

“Pianissimo”, la libreria itinerante in giro per la Sicilia

 

 

Un furgone Fiat 900 Panorama del ’76 con a bordo 300 titoli di 32 autori indipendenti. Un viaggio lento che attraverserà paesi e città dell’isola con lo scopo di diffondere l’amore per la lettura. Prima tappa il 9 agosto, ultima il 2 settembre

 

Una storia che nell’estate 2013 suona come una nota romanticamente stonata. A metà fra sogno e missione, “Pianissimo – libri sulla strada” è un furgone bianco degli anni Settanta, che proprio a causa dei suoi anni è costretto a viaggiare lentissimo. Una scelta volutamente contro corrente rispetto alla sfilza di appuntamenti mai davvero assaporati a cui ci siamo un po’ tutti abituati. Pagato un migliaio di euro, trasporta al suo interno – riallestito come una sorta di libreria itinerante – un tesoro di circa 300 volumi firmati da 32 autori indipendenti. Attraverserà la Siciliadal 9 agosto al 2 settembre e si fermerà in 22 tappe diverse, per diffondere e riaccendere l’amore per i libri in una regione che è seconda solo alla Basilicata nel nostro paese per il record negativo di lettori.

L’idea è venuta a un siciliano, Filippo Nicosia, trent’anni, studi romani e oggi un lavoro nell’editoria. Sul blog di “Pianissimo” scrive: “Quando ho comprato il furgone che poi è diventatoLeggiu (questo il nome della libreria sulle quattro ruote) era aprile di quest’anno. Ci volevo fare una libreria itinerante e girare la Sicilia – piazze, bar, lidi – ascoltare quello che le persone avevano da dire sui libri e se possibile venderli”. Il progetto è cresciuto e su “Leggiu” oltre a Nicola ci sarannotre compagni d’avventura (Serena Casini, Maura Romeo e Mauro Maraschi ): “Nato come un gioco, Pianissimo è adesso un gioco molto più grande e perfino un gioco da grandi”, scrive ancora l’ideatore dell’iniziativa.

Lo scopo è incontrare amici e conoscere persone nuove, ascoltare e raccontare creando connessioni fra lettori e autori e soprattutto coinvolgendo chi ha intenzione di esplorare per la prima volta il mondo fatto di saggi e romanzi. La prima piazza, venerdì 9 agosto, che sarà invasa dalle parole dei libri e dai discorsi sui libri sarà a Torre Faro (Messina), con un reading di Nadia Terranova de “Le mille e una notte” accompagnato dalla musica del duo jazz formato da  Filippo Bonaccorso e Luciano Troja . Si andrà avanti così, per più di venti giorni, fra letture al tramonto, performance teatrali, serate di “libri, vini e musica”, passando per l’”Alcart Festival, legalità e cultura” (22-23 agosto, ad Alcamo, Trapani) e il Festival del Giornalismo di Modica (Ragusa) il 30 agosto, per concludere il giro con l’ultimo appuntamento, lunedì 2 settembre, nell’incantevole scenario di Taormina.

Per seguire i movimenti di “Leggiu” e raggiungerlo se vi trovate in giro per la Sicilia in queste serate d’agosto, per curiosare fra i nomi degli autori e fra i protagonisti della piccola e media editoriache hanno deciso di salire sul furgone lento, o semplicemente per partecipare in maniera virtuale leggendo il diario di viaggio, correte sul blog curato da Filippo Nicosia oppure visitate la pagina Facebook. Vi verrà il desiderio ti tifare per questo quartetto di ragazzi amanti delle storie e delle parole stampate, con il sogno di tornare con gli scaffali della libreria itinerante semivuoti, dopo aver venduto un pezzetto del proprio carico in ognuna delle tappe del loro affascinante viaggio.

di Irene Privitera

Canada, volontaria in attesa del visto: “Se sei qualificato, qui trovi lavoro”

Vanessa ha 35 anni e vive col suo ragazzo a Vancouver. Fino ad agosto la legge non le consente di trovare un’occupazione, per cui presta servizio gratuito all’Aquarium, tra i più belli al mondo. “Qui c’è mobilità, la qualità di vita è migliore e ci si sente parte di una comunità in cui si viene rispettati”
di Marco Quarantelli | 12 luglio 2013

 

Nelle fotografie Vancouver è una palla di cristallo, di quelle in cui cade la neve se le rovesci, e in cui luccica una città dalle linee perfette, pulitissime: “E’ un altro pianeta, dall’Italia è impossibile da immaginare. La gente saluta e ringrazia il conducente quando scende dall’autobus, non lo avevo mai visto”. Vanessa Giacalone ha 35 anni e gli ultimi 10 li ha passati a girare il mondo: Dublino, Tunisi, Kuala Lumpur, Bangkok. Negli intervalli ha provato a tornare a casa, a Trapani, magari per restarci. Non ci è riuscita e a fine 2011 si è fermata qui, nella British Columbia: “Sono partita allo sbaraglio, con un visto di sei mesi, e ora farò di tutto per restare”. Laureata in Comunicazioni di massa, un master in Relazioni internazionali, Vanessa vuole fare la documentarista, ma in Canada ha già trovato quello che cercava: “Non si emigra solo per trovare un lavoro o uno stipendio migliore: lo si fa per trovare un posto dove vivere meglio”.

La prima scadenza è agosto, quando dovrebbe arrivare il suo visto di lavoro. “Ottenerlo è difficilissimo. Il modo più semplice è avere uno sponsor che ti voglia assumere. Oppure se sei un highly skilled worker, devi controllare sul sito del governo che il tuo profilo sia tra quelli richiesti, altrimenti è inutile fare domanda. Ma ne ha diritto anche chi sposa o convive con un canadese. Il mio ragazzo è italiano, vive qui da 5 anni: conviviamo e per lo Stato siamo una coppia di fatto solo per aver unificato la dichiarazione dei redditi. E lo stesso vale per le coppie omosessuali”. Fino ad agosto Vanessa non può lavorare, la legge non glielo consente. Nell’attesa, fa la volontaria al Vancouver Aquarium, tra i più belli del pianeta. “Gestisco un database con i profili degli oltre mille volontari che lavorano con me”. Vanessa si sente considerata un “bene essenziale”: “In Canada i volontari sono apprezzati. Chiunque abbia del tempo libero, dai professionisti agli operai, si dedica al sociale, mette ciò che sa e ciò che sa fare a disposizione della comunità. Un circolo virtuoso che tiene in contatto le persone, che permette agli anziani di sentirsi utili e ai bambini con leggeri handicap di trovare un ruolo nella società. Il settore dei servizi, ad esempio, va avanti grazie ai volontari”. Un’attività così importante da essere considerata una marcia in più quando si cerca lavoro: “Nel curriculum non devi mettere l’età o il voto della laurea – continua Vanessa – qui le aziende guardano al tipo di volontariato che hai svolto: il ragionamento è che se sei capace di metterti al servizio degli altri, lavori meglio perché hai dedizione e sai collaborare con altre persone”.

L’Italia? E’ alle spalle, lontanissima: “Ho provato più volte a tornarci. La prima dopo la laurea nel 2004 per lavorare nel C.a.r.a. di Salinagrande (Centro accoglienza richiedenti asilo, ndr), a Trapani; l’ultima nel 2010 con il mio ex marito. Vivevamo in Tunisia, a casa dei suoi genitori. Lavoravamo in un call center della Tim. I giornalisti di Annozero fecero un servizio su di noi, sui laureati fuggiti all’estero che lavoravano per pochi euro l’ora. Ma lì quello stipendio ci permetteva di vivere”. Poi il ritorno in Sicilia: “Volevamo provarci, ma siamo rimasti un anno senza trovare uno straccio di lavoro. Anche andare in giro a cercarlo era diventato estenuante: ci ha mantenuti mio padre. Poi sono arrivate le botte, le corse in ospedale, i timpani rotti dagli schiaffi e dai pugni, la separazione. E io sono fuggita in Canada”. Un master in Relazioni internazionali a Kuala Lumpur, una borsa di studio di un anno all’Onu a Bangkok, l’ufficio stampa per Medici senza Frontiere: il curriculum è nel cassetto, pronto all’uso. Il futuro non fa paura, perché le opportunità di lavoro ci sono e se hai delle idee c’è sempre qualcuno che ti ascolta. “E poi c’è mobilità sociale, quella buona: in un anno all’acquario ho visto cambiare tutti i manager, tranne uno: hanno trovato posti migliori. Se sei qualificato, qui il lavoro che fa per te lo trovi”.

La qualità della vita fa il resto: il Canada è ai primi posti al mondo sia secondo l’indice di sviluppo umano dell’Onu che per il Better Life Index dell’Ocse: “Il salario minimo garantito è di 10 dollari l’ora. Il mio ragazzo fa il gruista, si guadagnano tra i 30 e i 35 dollari l’ora. E il welfare è sviluppato: per la sanità ci sono le assicurazioni private, ma una piccola quota presa ogni mese in busta paga dà diritto a quasi tutte le cure pubbliche”. E poi c’è la dimensione sociale: “Nella vita c’è anche il rapporto con gli altri, il sentirsi parte di una comunità in cui si viene rispettati”. Perché non si emigra solo per il lavoro o per uno stipendio migliore: “Lo si fa per trovare un posto dove vivere meglio”

A 16 anni inventa la bioplastica fatta con le bucce di banana

Scritto da Francesca Mancuso

Dalle bucce di banana si può produrre la plastica. Ancora una volta le idee per migliorare il pianeta rivolgendo lo sguardo a soluzioni sostenibili vengono proposte dai più piccoli. Elif Belgin, 16enne di Istanbul, un bel giorno ha pensato che le bucce di questo gustoso frutto, invece di finire nella spazzatura, sarebbero state utili creando qualcosa di riutilizzabile. Con la sua idea, la giovane ha vinto il 2013 Science in Action award, 50.000 dollari offerti dalla Scientific American come parte del contest Google Science Fair.

Quest’ultimo, organizzato annualmente da Google, si propone di premiare le idee migliori dei ragazzi di varie fasce d’età, dai 13 ai 18 anni. Così è stato per Elif, che un bel giorno si è soffermata a riflettere sul fatto che la frutta è naturalmente avvolta in un involucro, che le fornisce tutta la protezione di cui ha bisogno, caratterizzato da flessibilità e resilienza. Elif Bilgin ha approfondito la questione e ha scoperto che gli amidi e la cellulosa contenuta nello strato esterno delle bucce di banana potevano essere utilizzati anche per creare materiali in grado di isolare i fili o per protesi mediche.

Mettendo a frutto quanto imparato, Bilgin ha poi sviluppato un processo chimico per trasformare le bucce in una bioplastica resistente, sperando di poter contribuire a ridurre la dipendenza dal petrolio. I suoi sforzi sono stati ampiamente ricompensati dal primo premio conquistato, diventando una delle finaliste del Google Science Fair.

Secondo la giovane, il problema da risolvere riguardava il fatto che la plastica che usiamo contiene derivati dal petrolio e questi stanno causando l’inquinamento ambientale. Se la plastica (un materiale con una tale vasta gamma di utilizzi nella vita quotidiana) potrà essere prodotta con l’uso di bucce di banana (un materiale che viene gettato via ogni giorno), allora diventerà una valida rivale per la plastica a base di petrolio.

“Il mio progetto è sull’utilizzo di bucce di banana per la produzione di bioplastica in sostituzione della tradizionale plastica a base di petrolio” ha spiegato Elif Bilgin sul sito ufficiale del concorso. “In questo progetto, ho sviluppato un metodo per fare la plastica utilizzando le bucce di banana e ho trovato nuove aree per l’uso della plastica che ho fabbricato, utilizzando la bioplastica per la realizzazione di protesi estetiche e per l’isolamento dei cavi”.

La sedicenne turca ha mostrato il suo progetto, tanto semplice quanto significativo, anche con un disegno, illustrato in questo video.

Per dare vita al suo progetto, Elif ha impiegato 2 anni. Durante questo periodo di tempo, è riuscita davvero a produrre bioplastica, effettivamente utilizzata nella vita quotidiana. Dopo l’orto dai rifiuti realizzato per salvare la barriera corallina indonesiana, un’altra ‘giovane’ idea potrebbe contribuire a salvare il pianeta.

Nella città a rifiuti zero “Qui l’immondizia è oro”

A Capannori, in Toscana, dove la differenziata supera l’80 per cento. Il sindaco: “Le nostre tasse sulla spazzatura le meno caredella Regione”. Raccolta porta a porta con sessanta addetti, tutti giovani e assunti in forma stabile
di JENNER MELETTI

CAPANNORI (LUCCA) – Tutto merito di un “mago”. Solo nel paese delle meraviglie infatti si possono vedere scene come questa: alla stessa ora tutti i cittadini escono di casa e portano fuori quella che in troppa parte d’Italia si chiama “spazzatura” e che qui invece è stata ribattezzata “risorsa”. Lia ed Elisa escono dal loro cancello in via Casalino, posano il sacchetto e si guardano intorno: tutti hanno fatto il loro dovere, non c’è uscio senza il sacchetto marrone dell’organico. Domani toccherà al “multimateriale leggero”, poi al “non riciclabile”, arriverà il giorno della carta… Meglio tenere il calendario in bella vista, per non sbagliare. Se dimentichi la consegna, non puoi buttare tutto nel cassonetto, magari di notte. I cassonetti, a Capannori, non ci sono più. Meglio essere puntuali con i ragazzi e le ragazze che arrivano davanti a casa, con un’Ape car a metano, a “prendere la consegna”.
Si mette a ridere, Rossano Ercolini, maestro elementare. “Sì, i miei alunni mi chiamavano mago. È successo nel 1995, quando c’era una lotta in tutto il paese contro la proposta di un inceneritore. Io compresi che non bastava dire no, bisognava offrire soluzioni. E così andai nella mia classe con un sacco nero di spazzatura e la rovesciai sulla cattedra. Ecco – dissi – plastica e bucce di banana, torsoli di mela, carta, insalata, legno, pasta avanzata… Tutta assieme, questa è spazzatura. Se invece facciamo una cernita e cominciamo a dividere – bucce con torsoli, plastica con vetro… – diventa una risorsa. La spazzatura non c’è più”. “Sei un mago”, esclamarono i bambini.
Tanti di loro adesso hanno messo su famiglia e quando preparano il sacco per l’Ape car ricordano che tutto cominciò allora. Il loro maestro-mago è diventato famoso. In aprile ha ricevuto negli Stati Uniti il Goldman Environmental Prize, definito il “Nobel per l’ambiente”. Centocinquantamila dollari subito impegnati nell’associazione Zero rifiuti e nel relativo centro studi. “Il nostro lavoro – dice Rossano Ercolini – non è stato facile. Come comitato del no all’inceneritore facemmo assemblee in città e in tutte le quaranta frazioni. Se eliminiamo gran parte dei rifiuti – questo fu il nostro slogan – non ci sarà bisogno dell’inceneritore. La strada è stata avviata: solo dal 2005 ad oggi il peso dei rifiuti è diminuito del 37,7 per cento”.
In un’Italia dove contro discariche e inceneritori ci sono state tante barricate e pochissime proposte, la storia di Capannori dovrebbe essere studiata a scuola. “Io penso che nel mio Comune – racconta il sindaco Giorgio Del Ghingaro – ci sia stata una rivoluzione culturale. Si doveva risolvere un problema e un territorio si è trovato unito: adesso 47 mila cittadini fanno cose mai fatte prima. C’è una forte partecipazione civica per fare il bene del proprio Comune. E questa per me è la politica”.
Capannori nel 2007 è stato il primo Comune ad iscriversi all’associazione Zero Waste, rifiuti zero. La raccolta differenziata con raccolta porta a porta arriva oggi all’82 per cento, con punte del 90. “Arriveremo a zero – dice il sindaco – nel 2020. Da sei mesi abbiamo iniziato anche con la “tariffa puntuale”: ogni sacco per l’indifferenziata consegnato ai cittadini ha un chip con il codice dell’utente. Meno rifiuti consegni, meno paghi. Ci dicevano che avremmo speso troppo, con questo progetto. E invece le nostre tariffe sono fra le più basse della Toscana – per un appartamento di 100 mq con tre persone la tassa è di 150 euro all’anno – e siamo riusciti ad assumere i sessanta giovani che fanno il porta a porta”.
I rifiuti qui sono una miniera. Puoi portare ciò che non serve più in un centro raccolta e già all’ingresso c’è una cernita. Da una parte ciò che è davvero da buttare (e va smontato per recuperare il rame delle lavatrici, il metallo, il legno…), dall’altra tutte le cose che possono servire agli altri. Ci sono abiti, mobili, libri, frigoriferi, giocattoli che, tramite la Caritas, vanno gratuitamente a chi ha bisogno. Il progetto Zero Waste coinvolge già anche i privati. C’è un negozio, Effecorta, che non usa imballaggi non riciclabili. Olio, vino, olio vengono imbottigliati sul posto. Se vuoi il miele, ti porti il vaso. Anche detersivi e shampoo sono sfusi.
Ora i Comuni italiani Zero Waste sono 134 e fra loro c’è anche Napoli. “Si sono impegnati nella differenziata – dice Rossano Ercolini – Per ora interessa 250 mila cittadini su un milione. Il sindaco Luigi De Magistris ha detto che sarà allargata ad altri 200 mila entro la fine di giugno. Gli impegni vanno mantenuti”. L’ultima battaglia è contro le cialde per il caffè. “Se ne consumano un miliardo all’anno, nove tonnellate solo qui a Capannori. Ogni capsula contiene dodici grammi di polvere che sarebbero utilissimi in agricoltura. In California giovani imprenditori ci hanno fatto i soldi coltivando funghi. Abbiamo chiesto alle aziende di fare capsule diverse, perché ciò che non è riciclabile o riusabile è un errore del produttore”. Le risposte stanno arrivando. A chiedere la “rivoluzione” ora non c’è più solo quel “mago” che ancora oggi insegna alle elementari.

(23 giugno 2013)

8.286 sequestri effettuati, con 302 clan coinvolti contro i 296 dello scorso anno. Quadruplicati inoltre i comuni sciolti per infiltrazioni mafiose (da 6 a 25). Questi sono solo alcuni dei numeri emersi dal dossier Ecomafia 2013 di Legambiente, presentato oggi.

Cifre non troppo incoraggianti quelle rese note dall’associazione ambientalista, con una crescita, nel 2012, anche degli illeciti contro gli animali e la fauna selvatica (+6,4% rispetto al 2011), sfiorando quota 8.000, a una media di quasi 22 reati al giorno. In aumento anche gli incendi boschivi, il 4,6% in più rispetto al 2011, un anno orribile per il nostro patrimonio boschivo dato che aveva fatto registrare un picco del 62,5% rispetto al 2010.

Anche quest’anno, purtoppo, è la Campania ad aver conquistato la maglia nera nella classifica dell’illegalità ambientale nel nostro paese, con 4.777 infrazioni accertate, 3.394 persone denunciate e 34 arresti, soprattutto nel ciclo illegale del cemento e in per quello dei rifiuti.

Un po’ di cifre. Sono 34.120 reati contro l’ambiente accertati lo scorso anno, con 28.132 persone denunciate, 161 ordinanze di custodia cautelare, 8.286 sequestri, per un giro di affari di 16,7 miliardi di euro gestito da 302 clan. I numeri degli illeciti ambientali sono saliti rispetto allo scorso anno.

Dove

Di essi, il 45,7% è concentrato nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa ossia Campania, Sicilia, Calabria e Puglia seguite dal Lazio, con un numero di reati in crescita rispetto al 2011 (+13,2%) e dalla Toscana, che sale al sesto posto, con 2.524 illeciti (+15,4%). La prima regione del Nord Italia è la Liguria con 1.597 reati, +9,1% sul 2011. Anche il Veneto non è tra le regioni virtuose con un incremento degli illeciti accertati pari al 18,9% e l’Umbria, passata dal 16esimo posto del 2011 all’11esimo del 2012.

Ecco la classifica dell’illegalità ambientale in Italia:
la classifica dell’illegalità ambientale in Italia nel 2012

regione
infrazioni accertate
percentuale sul totale
persone denunciate
persone arrestate
sequestri effettuati

1
Campania =
4.777
14%
3.394
34
1.153

2
Sicilia ↑
4.021
11,8%
2.938
25
926

3
Calabria ↓
3.455
10,1%
2.485
20
723

4
Puglia =
3.331
9,8%
3.251
28
1.303

5
Lazio =
2.800
8,2%
2.045
6
518

6
Toscana ↑
2.524
7,4%
1.989
2
596

7
Sardegna ↓
2.208
6,5%
2.698
15
643

8
Liguria ↑
1.597
4,7%
1.428
1
216

9
Lombardia ↓
1.390
4,1%
1.308
14
432

10
Emilia Romagna ↑
1.035
3%
944
0
310

11
Veneto ↑
995
2,9%
939
1
196

12
Umbria ↑
953
2,8%
769
0
170

13
Basilicata ↓
952
2,8%
455
8
127

14
Abruzzo ↓
822
2,4%
741
4
158

15
Piemonte ↓
799
2,3%
757
3
139

16
Friuli Venezia Giulia ↑
769
2,3%
628
0
282

17
Marche ↓
668
2%
720
0
224

18
Trentino Alto Adige ↑
621
1,8%
309
0
77

19
Molise ↓
358
1%
272
0
74

20
Valle d’Aosta =
45
0,1%
62
0
19

TOTALE
34.120
100%
28.132
161
8.286

Gli arresti

Secondo la Relazione al Parlamento della Dia relativa al primo semestre 2012, le persone denunciate e arrestate in Italia per i reati di corruzione sono più che raddoppiate rispetto al semestre precedente, passando da 323 a 704. E se la Campania spicca con 195 persone denunciate e arrestate, non sfigurano nemmeno la Lombardia con 102 casi e la Toscana a quota 71, seguite da Sicilia (63), Basilicata (58), Piemonte (56), Lazio (44) e Liguria (22).

Dal primo gennaio 2010 al 10 maggio 2013, inoltre, sono state ben 135 le inchieste relative alla corruzione ambientale, in cui le tangenti, incassate da amministratori, esponenti politici e funzionari pubblici, sono servite a “fluidificare” appalti e concessioni edilizie, varianti urbanistiche e discariche di rifiuti. In testa per numero di arresti eseguiti la Calabria, con 280, ma a guidare la classifica come numero d’inchieste è la Lombardia (20) e al quinto posto della classifica, dopo Campania, Calabria e Sicilia, figura la Toscana. Nel corso del 2012, inoltre, il numero dei comuni sciolti per infiltrazione mafiosa è salito a 25 contro i 6 del 2011.

Cemento illegale

L’incidenza dell’edilizia illegale nel mercato delle costruzioni è passata dal 9% del 2006 al 16,9% stimato per il 2013. Dall’altra parte, il numero di nuove costruzioni legali è Sceso da 305.000 a 122.000, mentre quelle abusive hanno subito una leggera diminuzione passando dalle 30.000 del 2006 alle 26.000 nel 2013. A fare la differenza sono stati i costi di mercato: a fronte di un valore medio del costo di costruzione di un alloggio con le carte in regola pari a 155.000 euro, quello illegale si realizza con un terzo dell’investimento, esattamente 66.000 euro.

Ma le cifre che dovrebbero far riflettere sono altre. Una vera e propria colata di cemento abusivo si è abbattuta sul nostro paese negli ultimi 10 anni: dal 2003 al 2012 sono state 283.000 le nuove case illegali, con un fatturato complessivo di circa 19,4 miliardi di euro.
Attacco al made in Italy

Nel 2012 sono state accertati lungo le filiere agroalimentari ben 4.173 reati penali, più di 11 al giorno, con 2.901 denunce, 42 arresti e un valore di beni finiti sotto sequestro pari a oltre 78 milioni e 467.000 euro (e sanzioni penali e amministrative pari a più di 42,5 milioni di euro). Se si aggiungono anche il valore delle strutture sequestrate, dei conti correnti e dei contributi illeciti percepiti il valore supera i 672 milioni di euro.

Spiega Legambiente che il controllo delle mafie nasce dalle campagne, passa attraverso il trasporto e il controllo dei mercati ortofrutticoli all’ingrosso, e arriva alla grande distribuzione organizzata.
Patrimonio culturale

Anche il patrimonio culturale è seriamente minacciato dai clan . Secondo l’Istituto per i beni archeologici e monumentali del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibam-Cnr), la perdita del patrimonio culturale ci costa circa un punto percentuale del Pil, calcolando il solo valore economico e non anche quello culturale che non può essere calcolato. Nel corso del 2012 le forze dell’ordine hanno accertato 1.026 furti di opere d’arte, quasi tre al giorno, con 1.245 persone indagate e 48 arrestate; e ancora 17.338 oggetti trafugati e ben 93.253 reperti paleontologici e archeologici recuperati, per un totale di oltre 267 milioni di euro di valore dei beni culturali sequestrati.

“Quella delle Ecomafie – ha dichiarato il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza – è l’unica economia che continua a proliferare anche in un contesto di crisi generale. Che continua a costruire case abusive quasi allo stesso ritmo di sempre mentre il mercato immobiliare legale tracolla. Con imprese illegali che vedono crescere fatturati ed export, quando quelle che rispettano le leggi sono costrette a chiudere i battenti. Un’economia che si regge sull’intreccio tra imprenditori senza scrupoli, politici conniventi, funzionari pubblici infedeli, professionisti senza etica e veri boss, e che opera attraverso il dumping ambientale, la falsificazione di fatture e bilanci, l’evasione fiscale e il riciclaggio, la corruzione, il voto di scambio e la spartizione degli appalti”.

Francesca Mancuso

Emptying the Skies, la lotta al bracconaggio nel docufilm di Jonathan Franzen

Il film, coprodotto dallo scrittore e ispirato a un suo reportage per il New Yorker sull’uccellagione in Europa, sarà proiettato stasera allo Sheffield Docufestival. Protagonisti tre volontari italiani del Comitato contro la strage di uccelli
di MARGHERITA D’AMICO

APPROFONDIMENTI
Empting the Skies: il trailer
TAG
Bracconaggio, Uccellagione, Emptying the Skies, Jonathan Franzen
Ogni anno in Europa il bracconaggio uccide decine di milioni di uccelli, piccoli e grandi, rapaci e canori, impavidi migratori: ma un esercito silenzioso lotta per salvarli, e questa pacifica, aspra guerra è diventata un docufilm. Emptying the Skies, titolo che si rifà a un celebre reportage sul bracconaggio fra Italia, Malta e Cipro realizzato da Jonathan Franzen per il New Yorker, è ideato e co-prodotto proprio dal celebre scrittore, assieme all’avvocato newyorchese Roger Kass.

In programma stasera allo Sheffield Docufestival, regia di Douglas Kass, la pellicola narra le imprese di Andrea Rutigliano, Sergio Coen e Piero Liberati, i tre volontari italiani del Cabs-Commitee Against Birds Slaughter, gruppo internazionale eccezionalmente attivo nel contrasto all’uccellagione in Germania, Italia, Francia, Cipro e Malta. Dallo schermo, attraverso la sua nota passione per gli abitanti del cielo – si definisce un birdman – Franzen guida lo spettatore lungo l’impervio cammino dell’impegno attivista, argomentando la fondamentale importanza di porre fine alla strage di animali.

“Ho accolto con gioia l’invito a co-produrre un documentario che prendeva spunto dal mio articolo, condividendo appieno la scelta di Roger Kass il quale ha voluto porre l’accento sulla figura di chi agisce per salvare e recuperare gli uccelli” racconta Jonathan Franzen. “Era anche un modo per sostenere l’opera di questi ragazzi che nel film, con mia soddisfazione, sono tutti italiani. Nella Penisola i bracconieri creano danni incalcolabili, ma non sono un caso isolato. La caccia di frodo è presente in tanti altri paesi ed è utile ricordare che in Italia la maggior parte dei cittadini ha a cuore natura e animali, deprecando un simile fenomeno.”

Per oltre un anno la troupe di Kass, che include il cameraman Mike Tucker esperto in contesti difficili – ha girato durante il conflitto in Iraq al seguito dei marines – segue campi e interventi del Cabs. Sequestro e distruzione di migliaia di trappole, reti, rami cosparsi di vischio per catturare a tradimento gli uccelli, scontri con i bracconieri, denunce e coordinamento con le autorità giudiziarie locali; non è che l’avventurosa routine degli attivisti. Così, nell’agosto 2011, vengono riprese a Les Landes, in Francia, le prime tappe della campagna per salvare gli zigoli ortolani.

Il mese seguente la troupe si sposta a Cipro, zona calda. In un solo giorno i ragazzi neutralizzano più di trecento limestick e dietro di loro viene sguinzagliata una muta di cani. Mike filma, mentre Roger si nasconde fra gli oleandri dell’aiuola spartitraffico della tangenziale dove i volontari si sono rifugiati. Si prosegue tornando in Francia, sulle Tendelles dove alcune forme di bracconaggio sono legalizzate e difese dalla stessa gendarmeria. Ancora Cipro, Brescia, Ponza, fino al massacro dei fringuelli di San Zeno che passano ignari in un corridoio aereo attesi dal fuoco dei cacciatori autorizzati in deroga.

“Questo film realizza inaspettatamente un progetto covato a lungo” spiega Andrea Rutigliano. “Mi sembrava così assurdo che di fronte all’enormità del bracconaggio in Europa, con l’impatto fotografico del materiale che ne consegue – splendidi uccelli martoriati negli ultimi spazi naturali del nostro Continente, un gruppo di volontari che mette in gioco la propria incolumità e ogni energia possibile per proteggerli – nessuno fosse interessato a farne un racconto per immagini. Avevo cercato di interessare giovani registi, ma invano: servivano soldi. Poi, a un oceano di distanza, Roger legge la storia di Franzen e vede una vicenda che in qualche modo si inserisce nel contesto della nostra società” prosegue. “Non solo, infatti, Emptying the Skies rivela l’uccisione illegale di milioni di uccelli, i trucchi adottati dai governi europei per tutelare i privilegi di una categoria di cittadini malati e irresponsabili, ma pure propone in modo originale dinamiche riconoscibili in altre sfere del mondo contemporaneo”.

(15 giugno 2013)

Bioedilizia

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il Dl. 63 del 4 giugno 2013 “Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per il recepimento della direttiva 2010/31/UE in materia di prestazione energetica nell’edilizia” anche l’Italia è spinta verso una prospettiva prossima di “Edifici ad Energia Quasi Zero”.

Accanto alla proroga degli ecobonus per le ristrutturazioni, confermati al 50%, e a quelli per l’efficientamento energetico con le nuove detrazioni 65%, il Dl.63/2013 riporta finalmente l’Italia in linea alle richieste europee sulle prestazioni dell’edilizia. L’obiettivo primario della Direttiva è la trasformazione dell’intero comparto edilizio in “Edificio ad Energia Quasi Zero” (Near Zero Energy Building -NZEB), imponendo a tutti gli stati membri di fissare i requisiti minimi di prestazione energetica per gli edifici esistenti e nuovi, garantire la certificazione energetica e disciplinare i controlli sugli impianti.

Tra le novità introdotte dal Dl 63/2013 troviamo anche indicazioni più precise sull’evoluzione dell’Attestato di Certificazione Energetica in APE, Attestato di Prestazione Energetica, definendo le indicazioni necessarie al miglioramento delle performance energetiche. L’APE dovrà essere redatto da professionisti qualificati e sarà obbligatorio in caso di costruzione, vendita o locazione e per tutti gli immobili della Pubblica Amministrazione.

Entro la metà di questo mese dovranno essere inviati alla Commissione Europea la metodologia di calcolo nazionale per la definizione univoca della prestazione energetica degli edifici, per la fine del 2014 dovrà essere redatto il Piano d’azione nazionale, indispensabile per chiare la definizione di NZEB, e fissate le politiche e le misure finanziarie necessarie alla trasformazione del patrimonio edile in Edifici ad Energia quasi zero. Il 31 dicembre 2018 è la data ultima entro la quale tutte le strutture occupate o di proprietà di pubbliche amministrazioni, comprese le scuole, dovranno essere a “Energia Quasi Zero”, ovvero rispondenti a precisi canoni costruttivi all’avanguardia, criteri che saranno obbligatori anche al settore dopo il 1° gennaio 2021.

Ospedale di Subiaco

IL COMITATO CITTADINO PER LA DIFESA DELL’OSPEDALE INFORMA: La situazione dell’ospedale oggi è come quella di molti suoi dipendenti “ precaria “ Continua lo stillicidio del personale medico, questa volta tocca al pronto soccorso che dal 30 maggio resta con una unità in meno, perché non è stato rinnovato un contratto e l’Asl ha ordinato la copertura della turnazione attraverso gli “ straordinari “ di medici di altri presidi. La situazione della medicina ormai è nota a tutti, sono due anni che il reparto resta aperto grazie al sacrificio di medici ed infermieri (si continua ad utilizzare il personale medico dedicato alla medicina ad altri servizi) La tanto sbandierata tele refertazione soffre di problemi tecnici rilevanti che non consentono un servizio sicuro ed efficiente a causa della scarsa qualità delle immagini (denuncia segnalata dagli stessi medici radiologi che dovrebbero refertare le radiografie). IL SERVIZIO DI RADIOLOGIA CONTINUA AD ESSERE SCOPERTO ANCHE NEI GIORNI FERIALI (ma un medico continua a fare le guardie notturne anche se il servizio è aperto soltanto di giorno). Il servizio di urologia, aperto a fine dicembre, adesso è chiuso ma non si capisce perché….. Il servizio di sala gessi è aperto dal 26 aprile con due medici dedicati, da dove sono usciti? Hanno fatto nuove assunzioni oppure, nei mesi scorsi, sono stati utilizzati male? Qual’ è la logica che anima le scelte aziendali? Il benessere dei cittadini o interessi diversi? INTERI SERVIZI SI “ ACCOLLANO “ SULLE SPALLE DEI LAVORATORI INVECE DI SORREGGERSI SU UNA PROGRAMMAZIONE AZIENDALE SERIA E CHIARA. • Abbiamo richiesto un incontro ai capigruppo in Regione ma nessuno ci ha risposto. • Ci siamo incontrati con il Sindaco e i sindacati e di comune accordo abbiamo deciso di interpellare, tramite il Sindaco di Subiaco, sia il Direttore Generale della ASL RMG sia il Governatore della Regione Lazio riguardo “ l’ imminente “ trasferimento della rianimazione a Colleferro. Il risultato è stato che almeno per adesso la rianimazione non si muove ( vista la carenza di posti letto di rianimazione nella regione Lazio chiediamo di implementare il servizio di rianimazione nell’ ASL RMG e in tutta la Regione Lazio, aprendo i posti letto a Colleferro ma lasciando quelli già presenti all’ospedale di Subiaco), • Affermiamo con forza, come proposto in Regione che in attesa di nuove direttive regionali (che dovranno sostituire il decreto 80), non venga sospeso nessun servizio e si arresti il lento allontanamento di figure professionali necessarie nella già carente situazione medica/infermieristica del P.O. • Riguardo all’ ipotesi e sottolineamo ” ipotesi” dell’apertura di un servizio sanitario per detenuti o di qualsiasi altro servizio, crediamo che non si possa DISCUTERE di altri progetti prima di aver garantito, una volta per tutte, un’ adeguata assistenza sanitaria pubblica alla Valle dell’Aniene che risponda alle necessità di questo territorio. Invitiamo tutti a partecipare alle assemblee settimanali nell’aula consiliare del comune per decide insieme le iniziative da intraprendere
Uniti si vince

“Una legge per salvare i piccoli comuni” Legambiente li celebra in piazza

Primo firmatario della proposte è Ermete Realacci, presidente della commissione Ambiente della Camera: “Per rilanciare l’economia l’Italia deve scommettere sulle cose che la rendono unica: bellezza, qualità, paesaggio, storia, coesione sociale, legame con i territori”. Domenica l’iniziativa “Voler bene all’Italia”

di ANTONIO CIANCIULLO

ROMA – Senza Maranello non esisterebbe la Ferrari. Senza Barolo il vino italiano sarebbe più povero. Senza Vinci il rinascimento avrebbe perso un genio. La qualità dell’Italia si costruisce anche nei borghi, nei paesi che restano anonimi finché emerge un’eccellenza capace di imporsi all’attenzione globale. Ma, se la rete che tutela la biodiversità culturale perde pezzi, l’intero sistema rischia di impoverirsi. Un rischio che la nuova campagna a difesa dei piccoli Comuni vuole evitare.

I Comuni sotto i 5 mila abitanti sono 5.698, il 72% del totale. Ospitano oltre 10 milioni di persone. Producono il 93% dei prodotti a marchio certificato (Dop e Igp) e il 79% dei vini più pregiati. Contano quasi un milione di imprese e il 16% dei musei, monumenti e aree archeologiche di proprietà statale. Inoltre 5.687 piccoli Comuni hanno almeno una fonte di rinnovabili installata sul proprio territorio, 274 producono più energia pulita di quella necessaria ai consumi delle famiglie che li abitano. E in 895 piccoli Comuni la percentuale di raccolta differenziata supera il 60%, con picchi oltre l’80%.

“Se non vogliamo sprecare un’opportunità decisiva per entrare con la notra identità nei mercati globalizzati dobbiamo scommettere sui piccoli Comuni”, afferma Ermete Realacci, presidente della commissione Ambiente della Camera e primo firmatario della proposta di legge per la tutela dei piccoli Comuni. “Per rilanciare l’economia l’Italia deve scommettere sulle cose che la rendono unica: bellezza, qualità, paesaggio, storia, coesione sociale, legame con i territori. Per questo chiediamo a tutti di partecipare domenica a Voler Bene all’Italia, la festa nazionale dei piccoli Comuni promossa da Legambiente per celebrare i tesori dei nostri borghi, l’innovazione tecnologica e il buon governo dei territori”.

La legge presentata a Montecitorio punta su un pacchetto di misure. Informatizzazione dei piccoli Comuni. Assegni e borse di studio per laureandi e specializzandi che si impegnino a esercitare la professione per almeno 5 anni nelle strutture sanitarie di zone rurali e montane. Quaranta milioni di euro l’anno per gli interventi di tutela dell’ambiente e dei beni culturali, di messa in sicurezza delle infrastrutture stradali e egli istituti scolastici, di promozione dello sviluppo economico e sociale dei piccoli Comuni. Dieci milioni di euro l’anno per incentivare acquisto o possesso di immobili destinati ad abitazione principale o ad attività economiche.

Per finanziare questi interventi si punta sul ruolo di guardiani delle acque e dei boschi che i piccoli Comuni svolgono. Un ruolo che acquisterà peso crescente man mano che il cambiamento climatico renderà più preziosa la risorsa acqua e man mano che le misure per frenare le emissioni serra daranno valore all’anidride carbonica contenuta negli alberi.

(30 maggio 2013)

Contro la deforestazione

IlMaggioDeiLibri Capisci di aver letto un buon libro quando giri l’ultima pagina e ti senti come se avessi perso un amico. (Paul Sweeney)

La scuola pubblica è un diritto

I dannati della Terra salvati dai romanzi

Luis Sepúlveda: “Scrivo dalla parte degli ultimi per salvarli dal silenzio”. Esce “Ingredienti per una vita di formidabili passioni” il nuovo libro dell’autore cileno

SUPPONGO che il primo documento che dà voce a chi non ha voce sia il poema epico intitolato L’Auracana, scritto da un soldato poeta, Alonso de Ercilla, che nel 1542 accompagnò García Hurtado de Mendoza nella conquista del Cile. In quel poema, Ercilla testimonia il valore dell’Altro, dell’indio, di chi era diverso ma al tempo stesso degno e coraggioso.
Invece la testimonianza letteraria più nota di questo dar voce a chi non ha, o non può far sentire, la propria voce è forse il J’accuse di Émile Zola, anche se in realtà il capitano Dreyfus, malgrado l’enorme coraggio dell’articolo di Zola, non ebbe modo di far conoscere il suo punto di vista e la verità non riuscì a imporsi in tutto il suo splendore.
Nella letteratura latinoamericana, a partire dal Settecento, sono molti gli esempi di scrittori che hanno dato voce a chi non aveva alcuna possibilità di dire: «Esisto. Vivo e non sono invisibile». Quando il cileno Baldomero Lillo pubblicò gli splendidi e durissimi racconti di Subterra e Subsole, diede voce alla gente più miserabile in modo non meno efficace di Zola con Germinale, soffermandosi però a identificare con assoluta chiarezza i responsabili delle condizioni di vita poverissime, inumane, in cui consumavano le loro esistenze i minatori del carbone nel Sud del Cile e i minatori del salnitro nel deserto di Atacama. Baldomero Lillo diede la sua voce a questi uomini e a queste donne e contribuì a far entrare parole come giustizia e diritto nel loro vocabolario di operai. Lo stesso si può dire del brasiliano Guimarães Rosa perché, quando scrive Grande Sertão, sceglie come narratore un uomo che vaga in una terra disastrata e attraverso quel racconto in linguaggio popolare avanza una durissima denuncia sociale.
Nella nostra epoca, credo che lo scrittore più coerentemente impegnato a dar voce a chi non ha voce sia stato il polacco Ryszard Kapuscinski. Un libro di racconti come
Ebano ritrae l’identità del continente africano nel suo sforzo di mettere fine al colonialismo e a una povertà che per le potenze straniere era non meno naturale del colore della pelle degli africani.
Fortunatamente sono molti gli scrittori e le scrittrici che hanno compreso la dialettica implicita nel dualismo persona- scrittore. Come persone abbiamo il dovere di stabilire un rapporto con la vita e con la società improntato a un’etica rigorosa, che più è rigorosa più ci umanizza. Alla letteratura siamo invece legati da un forte vincolo estetico. L’etica e l’estetica sono però destinate a incrociarsi e quindi la cosa più interessante negli scrittori e nelle scrittrici che apprezzo è che conferiscono alla loro letteratura la stessa carica etica con cui affrontano i fatti sociali, mentre le loro vite si arricchiscono della stessa carica estetica che conferiscono alla letteratura.
Non è un caso né un semplice stratagemma letterario che lo svedese Henning Mankell si serva della trama di un noir scandinavo per dare voce alle vittime dell’apartheid in Sudafrica. Come non è un caso che Doris Lessing abbia fatto della sua opera una continua tribuna da cui chi non ha voce esprime la propria disillusione e al tempo stesso la propria speranza.
Per me è particolarmente difficile immaginare una letteratura priva del conflitto fra l’uomo e ciò che gli impedisce di essere felice. Non potrei mai affrontare la letteratura, la scrittura, senza la consapevolezza di essere la memoria del mio paese, del mio continente, di tutta l’umanità.
Mi sono trovato a vivere nella seconda parte del Ventesimo secolo, un secolo segnato dal confronto tra due potenze che hanno fatto della guerra e della pace un ricatto per spaventarsi a vicenda, e hanno deciso che nelle rispettive zone d’influenza la libertà, la giustizia sociale e la dignità fossero riservate all’élite.
So che a volte vengo considerato un individuo strano che sacrifica il suo talento e la sua capacità di affermarsi (peccato che non abbia mai capito in cosa ci si possa affermare senza schiacciare gli altri) e che spreca il suo tempo a raccontare storie di gente non molto interessante.
E in effetti, per esempio, invece di raccontare l’audace vita di un uomo di affari che riesce a diventare il maggior azionista di una fabbrica di rubinetti per l’acqua potabile, preferisco narrare la storia di un umile idraulico preoccupato perché certi rubinetti gocciolano, perdono acqua, e così, per evitarlo, al tramonto della sua vita condivide le proprie conoscenze con la gente umile del quartiere, e gli do voce perché spieghi il portento dell’acqua, la duttilità di certi metalli, il nesso che lega un attrezzo alla mano nell’esaudire un desiderio.
Qualche anno fa ho visitato il campo di concentramento di Bergen-Belsen. Di quel posto sapevo che, fra centinaia di migliaia di vittime dei nazisti, era stata assassinata anche una bambina, Anne Frank, e che i suoi resti giacevano in una delle tante fosse comuni, delle tombe collettive, dei monumenti all’orrore. Bergen-Belsen e tutti i campi di concentramento di qualsiasi luogo al mondo sono posti che si visitano in silenzio, perché la voce si rifiuta di descrivere quello che l’occhio vede, quello che vede la memoria, pur sapendo che dovremo compiere lo sforzo di nominare tutto ciò che abbiamo visto con la forza inaugurale che hanno le parole.
In un angolo di Bergen-Belsen, vicino ai forni crematori, qualcuno — non so né chi né quando — ha scritto delle parole che sono le fondamenta del mio essere scrittore, l’origine di tutto ciò che scrivo. Quelle parole dicevano, dicono e continueranno a dire finché esiste gente decisa a sacrificare la memoria: «Io sono stato qui e nessuno racconterà la mia storia ». Mi sono inginocchiato davanti a quelle parole e ho giurato che, chiunque le avesse scritte, io avrei raccontato la sua storia, gli avrei dato la mia voce perché il suo silenzio smettesse di essere una lapide carica del più infame degli oblii. Per questo scrivo.
Traduzione di Ilide Carmignani ©Luis Sepúlveda 2012 By arrangement with Literarische Agentur Mertin Inh. Nicole Witt e. K. ©Ugo Guanda Editore
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Ingredienti per una vita di formidabili passioni di Luis Sepúlveda (Guanda, pagg. 210, euro 14,90) Lo scrittore cileno presenterà il suo nuovo libro alle 16,30 di giovedì 16 maggio al Salone del libro di Torino

“Make love”, l’educazione sessuale per adolescenti in un manuale (tedesco)

In Germania ha venduto oltre 200mila copie in pochi mesi ed è stato adottato come testo nelle scuole. In Italia è stato pubblicato da L’Ippocampo edizioni. Linguaggio sobrio e foto esplicative, il libro racconta il sesso senza vergogna: dalla consapevolezza di sé alla capacità di gestire desideri e impulsi fino alle tecniche per il sesso orale

di Stefania Prandi | 1 maggio 2013

In Germania ha venduto oltre 200mila copie in pochi mesi ed è stato adottato come testo di studio nelle scuole. In Italia è appena stato pubblicato da L’Ippocampo edizioni e promette di fare discutere. “Make love” è un manuale di educazione sessuale scritto da una sessuologa, Ann-Marlene Henning, e da una giornalista freelance, Tina Bremer-Olszewski, entrambe tedesche. A corredo del testo numerose foto intime di coppie eterosessuali e omosessuali realizzate dalla coreana Heji Shin. Il libro racconta il sesso senza vergogna, con un linguaggio sobrio, attraverso un apparato di note di carattere scientifico ed antropologico, partendo dal presupposto che viviamo in un’epoca di invasione pornografica – in rete, alla televisione, nelle riviste – ma di sessualità ne sappiamo davvero poco.

“Make love”, pensato per adolescenti che si avvicinano al sesso per la prima volta, contiene indicazioni – anche pratiche, con esercizi da fare da soli o in compagnia – su come conoscersi e avventurarsi nel mondo del godimento. Il messaggio di fondo è che nominare in modo appropriato il sesso e tutto quel che gli ruota attorno serve ad aumentare la consapevolezza di sé e degli altri e la capacità di gestire desideri, impulsi, situazioni. Si parte con indicazioni su come baciare (“Non si deve mai avere la lingua rigida, fare troppa saliva e l’elica, ruotando come una furia nella bocca dell’altro”) e su come gestire la cosiddetta prima volta, con consigli su come viverla e farla vivere al meglio, senza che si trasformi in violenza. Più volte viene ripetuta l’indicazione che si deve dire di sì solo quando se ne ha voglia e che non ci si deve mai sentire forzati: il no è sempre legittimo e deve essere rispettato, anche se arriva all’improvviso.

Il libro contiene spiegazioni sui diversi orientamenti sessuali, omosessualità, bisessualità, eterosessualità, con un paragrafo dedicato anche a pratiche come il travestitismo e alla questione della transessualità. Ha poi un focus sulle malattie a trasmissione sessuale come Aids/Hiv, epatite b, herpes genitale, papillomavirus, sifilide, gonorrea e sulle tipologie di anticoncezionali ormonali e a barriera, come il preservativo maschile e femminile. Quest’ultimo, il Femidom, è “l’unico contraccettivo che protegge dalle malattie a trasmissione sessuale nei rapporti se l’uomo non vuole usare il condom”.

Il manuale si spinge oltre: senza falsi pudori offre nozioni e tecniche su come realizzare fellatio e cunnilingus (stimolazione orale del clitoride e della vagina) soddisfacenti per se stessi e per il partner. E offre una dettagliata panoramica sull’orgasmo maschile e femminile. Di quest’ultimo rivela che si tratta non solo di una questione mentale, come vorrebbe la vulgata da bar dello sport, ma soprattutto “di nervi”. Infatti, oltre ad articolarsi in fasi, esattamente come quello maschile, l’orgasmo femminile passa dal nervo pudendo “che porta la felicità alla vulva” e dal nervo pelvico “che provvede a un piacere più interno”, interessando “la prostata femminile (zona G)”.

Il libro di Henning e Olszewski rompe infine gli schemi considerando opzioni come l’uso di dildo e strap-on (sex toy a forma di pene indossabile con cintura) per regalare anche ai maschi eterosessuali la chance della penetrazione anale. Fornisce descrizioni sul fetish, “con una mappa stellare per farsi un’idea di che cosa c’è lì fuori” che passa dalla descrizione di pratiche come l’urofilia, il Bdms e l’utilizzo delle lenzuola in vinile “con cui vivere la sessualità in modo nuovo, perfette per un’orgia a base di olio”. Il tutto corredato da un’appendice con indirizzi internet di associazioni che si occupano di sessualità. Tra queste: Agedo (Associazione dei genitori, parenti, amici di donne e uomini omosessuali, bisessuali e transessuali), Agico (Associazione ginecologi consultoriali), Aisps (Associazione italiana salute psicosomatica e sessuale) e Lila (Lega italiana per la lotta all’Aids).

ARRIVA CON GRANDE RITARDO LA LEGGE CHE TUTELA GLI ALBERI MONUMENTALI

Niente più incisioni, scritte e atti vandalici a danno degli alberi: finalmente la difesa del patrimonio arboreomonumentale italiano è diventata legge ed è già operativa in tutti i Comuni italiani che dovranno censire gli alberi e punire gli eventuali trasgressori con multe fini a 100.000 euro.
Nel nostro territorio, ricchissimo di risorse di ogni tipo, si stimano circa 20000 esemplari di alberi ultracentenari, in pochi casi ultramillenari. Si tratta di esseri viventi, esteticamente meravigliosi, che hanno messo le radici nella storia naturale e sociale del nostro paese.
a mappa degli alberi monumentali d’Italia è un dedalo di storie intrecciate a leggende millenarie dove gli alberi sono i protagonisti solenni e silenti di un passato senza tempo. Ma è anche il sentiero che percorre uno dei patrimoni naturali più preziosi del nostro presente e come tale deve essere tutelato.
La nuova legge servirà non solo ad evitare ‘sfregi’ o veri e propri ‘scempi’ perpetrati sugli alberi di giardini e parchi pubblici ma sarà uno strumento di difesa per la crescita e la conservazione del verde urbano e per uno sviluppo sostenibile delle nostre città. Gli alberi monumentali di oggi e quelli che lo saranno domani ringraziano.
Ecco a voi la mappa degli alberi monumentali italiani:

https://maps.google.it/maps/ms?ie=UTF8&oe=UTF8&msa=0&msid=216336039411463287701.00046f2a38f093450933a

Fotovoltaico e detrazione L’Agenzia dell’Entrate interviene con nuove specifiche

Da unione geometri nazionale

L’Agenzia delle Entrate con la risoluzione numero 22 del 2 aprile 2013 ha precisato che le spese di acquisto e di realizzazione di un impianto fotovoltaico per la produzione di energia elettrica possono usufruire della detrazione 50%.


L’Agenzia aveva già fornito chiarimenti sulle detrazioni fiscali legati ad un impianto fotovoltaico tuttavia nella risoluzione di qualche giorno fa si precisa che per beneficiare del bonus fiscale, l’installazione dell’impianto fotovoltaico deve essere direttamente al servizio dell’abitazione del contribuente, utilizzato, quindi, per fini domestici.

L’Agenzia ha inoltre sottolineato la conferma da parte del ministero dello Sviluppo Economico sul fatto che la realizzazione di impianti a fonti rinnovabili possa essere equiparata a tutti gli effetti alla realizzazione di interventi finalizzati al risparmio energetico, in quanto entrambe le soluzioni determinano una riduzione dei consumi da fonte fossile. La realizzazione dell’impianto fotovoltaico comporta automaticamente la riduzione della prestazione energetica degli edifici e qualsiasi certificazione può attestare il conseguimento di un risparmio energetico. È sufficiente quindi, conservare la documentazione comprovante l’avvenuto acquisto e installazione dell’impianto a servizio di un edificio residenziale, mentre non è necessaria una specifica attestazione dell’entità del risparmio energetico derivante dall’installazione dell’impianto fotovoltaico .

Ad ogni modo i soggetti che intendono avvalersi della detrazione di imposta dovranno conservare le abilitazioni amministrative richieste dalla vigente legislazione edilizia ovvero, nel caso in cui la normativa non preveda alcun titolo abilitativo, un’apposita dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, resa ai sensi dell’art. 47 del DPR 28 dicembre 2000, n. 445 (cfr. Provvedimento del Direttore dell’Agenzia dell’entrate del 2 novembre 2011).

L’Agenzia delle Entrate ricorda anche che l’installazione di un impianto fotovoltaico diretto alla produzione di energia elettrica, per poter beneficiare della detrazione in esame deve avvenire essenzialmente per far fronte ai bisogni energetici dell’abitazione (cioè per usi domestici, di illuminazione, alimentazione di apparecchi elettrici ecc.) e quindi l’impianto deve essere posto direttamente al servizio dell’abitazione dell’utente.

Rinnovabili, uno studio assolve i costi: “Alla fine ci guadagniamo quasi 50 miliardi”

L’Irex Annual Report quantifica i vantaggi economici delle fonti pulite, dimostrando che la spesa per incentivi produce utili grazie ad occupazione, abbattimento delle emissioni e riduzione del costo dell’elettricità.”Nel solo 2012 con il fotovoltaico il prezzo del kWh è calato di oltre un miliardo di euro”

di VALERIO GUALERZI

ROMA – Additate spesso come le principali responsabili del caro bolletta che colpisce l’Italia più di quasi tutti gli altri paesi europei, le rinnovabili sono invece un elemento di risparmio. A ribadire questa conclusione è la nuova edizione dell’Irex Annual Report, il dossier realizzato dalla società di consulenza strategica Althesys presentato questa mattina a Roma nel corso di una tavola rotonda presso il Gestore dei servizi energetici.

La diffusione delle fonti pulite, illustra lo studio, può portare entro il 2030 al sistema elettrico italiano benefici netti compresi tra i 19 e i 49 miliardi di euro. Malgrado i ripetuti allarmi per il costo degli incentivi e le ricorrenti campagne di stampa lanciate contro l’energia verde, investire su fotovoltaico ed eolico ha portato al nostro paese un chiaro vantaggio economico che potrebbe diventare ancora più ampio se continuassimo a sostenere l’energia alternativa con convinzione. Lo studio fornisce infatti due diversi scenari immaginando sia una situazione di business as usual, sia un ulteriore sostegno della politica alla diffusione delle fonti pulite. Nel primo caso il saldo positivo si limiterebbe a 19 miliardi mentre nel secondo arriverebbe a 49.

Le voci di costo della rinnovabili sono essenzialmente
due: la spesa per gli incentivi e quella per risolvere le carenze infrastrutturali della rete. A pesare maggiormente è la prima voce, alla quale il Quinto conto energia ha però definitivamente posto un tetto, fissato in 6,5 miliardi di costo cumulato annuo. Cifra che è prevista quindi rimanere stabile sino al 2029. A ciò vanno aggiunti i costi legati alle carenze della trasmissione e della distribuzione (perdite di rete e mancati ricavi dalla vendita di elettricità), stimati tra 1,5 e 1,8 miliardi fino al 2020 (quando si suppone gli interventi siano stati ultimati).

A fronte di queste spese c’è una serie consistente di benefici. Primo fra tutti, le ricadute occupazionali lungo tutte le diverse fasi della filiera. “Gli addetti incrementali, cioè considerando solo i posti di lavoro che non esisterebbero in assenza di rinnovabili – si legge nel rapporto – toccano i 130.000 al 2013 (già in netto calo rispetto ai due anni precedenti) per poi stabilizzarsi tra i 45.000 e i 60.000 al 2030. I benefici valutati lungo tutta la vita utile degli impianti sono compresi tra gli 85 e i 96,6 miliardi”. Le fonti pulite generano poi un vasto indotto. “Si stima – afferma ancora il dossier – che nel 2012 gli effetti siano imputabili per il 53% alla fase di installazione e per il 47% a quella di esercizio e manutenzione. Nel complesso la voce contribuisce con benefici tra i 28 e 33 miliardi”.

Va poi calcolato il risparmio che le rinnovabili garantiscono in termini di mancate emissioni. Valore in forte calo rispetto al passato, visto il crollo del prezzo dell’anidride carbonica sul mercato europeo Ets, ma che non va comunque disprezzato dato che Althesys lo quantifica tra i 2,6 e i 2,3 miliardi di euro per quanto riguarda la CO2 e di 2,8,-3,4 miliardi per quanto riguarda altre emissioni inquinanti come l’anidride solforosa e gli ossidi di azoto.

Dalla parte dell’elettricità verde c’è poi il vantaggio economico legato alla riduzione del cosiddetto “fuel risk”, ovvero il rischio di spendere per l’acquisto di fonti fossili più del dovuto a causa dell’oscillazione dei prezzi. Ma l’ultima e forse più interessante delle voci che contribuiscono alle entrate garantite dalle rinnovabili è la riduzione del prezzo dell’elettricità sul mercato, il cosiddetto effetto di peak shaving. L’Irex Annual Report prende in considerazione solo il saldo netto del fotovoltaico, stimandone il valore tra i 41 e i 47 miliardi. Un’analisi che questa edizione dello studio ha affinato, confermando i risultati anticipati lo scorso anno.

Il rapporto ha ripartito la domanda elettrica in “ore solari” e “ore non solari”, comparando il Prezzo unico nazionale (Pun) delle ore delle due differenti categorie. Un meccanismo tecnico, da addetti ai lavori, ma ciò che interessa ai fini della contabilità è il fatto che l’immissione in rete di elettricità prodotta a costo zero dal fotovoltaico nelle ore più assolate ha la capacità di ridurre il prezzo dell’elettricità proprio nell’orario in cui era solita costare di più. Un vantaggio che Althesys quantifica per il 2012 in circa 1,4 miliardi di euro, più del triplo rispetto al 2011, quando il vantaggio fu di 396 milioni. A questi 1,4 miliardi vanno sottratti in realtà circa 586 milioni di euro dovuti all’aumento del Pun nelle ore non solari, anche se non mancano i sospetti (sul tema è stata aperta un’indagine dall’Authority per l’energia) che questo rincaro sia stato indotto in maniera artificiale dai grandi produttori convenzionali per rifarsi delle perdite subite con l’affermarsi delle rinnovabili.

A fronte di questo quadro, l’Irex Annual Report conclude la sua analisi sollecitando l’integrazione delle rinnovabili nel sistema elettrico. “Una delle priorità della politica energetica nazionale è l’integrazione delle fonti rinnovabili nella rete elettrica e il bilanciamento tra la generazione termoelettrica centralizzata e quella distribuita rinnovabile”, avverte lo studio.

EARTH DAY MARCIA PER LA TERRA

Cari Amici e care Amiche,

il Forum “Salviamo il Paesaggio” propone una Marcia per la Terra, in occasione della Giornata mondiale della Terra promossa dall’Onu il 21 aprile. Sarà una manifestazione pubblica per promuovere la tutela e la salvaguardia dei suoli fertili e per dire Stop al consumo del suolo.

La Marcia per la Terra, nel Lazio, vuole essere un percorso costruito insieme ai Comitati e alle Associazioni che da anni si battono per fermare il consumo di suolo. Al percorso principale, lungo la Via Appia Antica, vorremmo che si aggiungessero i vostri percorsi auto-organizzati sul territorio in modo da attraversare quelle aree verdi intatte dei vostri quartieri che sono a rischio cementificazione.

Il percorso principale si snoderà lungo 26 chilometri circa, dal Monte Cavo al Colosseo (https://maps.google.it/maps/ms?vps=2&ie=UTF8&hl=it&oe=UTF8&msa=0&msid=212778142954358315206.0004d8e29e3dc0405b2ee) e prevede tre tappe che accoglieranno i percorsi secondari e i cittadini:

– Monte Cavo-Ciampino: pernottamento sul Monte, partenza all’alba (ore 6,00) e discesa verso Ciampino con ritrovo alla Stazione di Ciampino alle ore 9,00 – Referente: Giulia Fiocca 328-6214798

– Ciampino-Tomba di Cecilia Metella nel Parco dell’Appia Antica: partenza dalla Stazione alle ore 9,00, passaggio al Mercato della Terra Slow food di Ciampino (ore 9,30), quindi alla Villa di Messalla (ore 10,30); prosecuzione fino alla Villa dei Quintili nel Parco dell’Appia (entrando da via di Fioranello), Villa Capo di Bove e Tomba di Cecilia Metella-Castrum Caetani (ore 13,00) – Referente: Luciano Meloni 340-3723975

– Tomba di Cecilia Metella-Colosseo: ritrovo di tutti i comitati romani e le associazioni, di tutti i cittadini nell’area di fronte alla Tomba di Cecilia Metella (dalle ore 12), ristoro e colazione sull’erba con i produttori e i contadini Slow food che presidiano l’Agro romano; visita all’Archivio Cederna a Capo di Bove che sarà aperto eccezionalmente per noi. Alle 13 associati e volontari del Touring Club, dalla Villa di Massenzio, si uniranno agli altri (Referenti TCI: Chiara Belfiore 328-0043606 e Francesco Di Maggio 348-0145203). Alle 14 la grande Marcia per la Terra partirà per il Colosseo dove arriverà alle 16,30-17. Festa e abbraccio del Colosseo. Referente: Paolo Ceroni 347-8521861

Ferma restando la libertà di aggregarvi dove preferite, il punto di raduno principale è previsto di fronte alla Tomba di Cecilia Metella dalle 12 alle 14: è qui che la camminata si trasforma in Marcia per affermare tutte le nostre istanze e portarle alla massima attenzione fino al Colosseo, dove un grande abbraccio simboleggerà la nostra determinazione a riappropriarci della Città e del suo territorio.

Invitiamo dunque tutti i comitati a costruire un proprio percorso, ad aggregarsi a uno dei percorsi già definiti oppure a confluire direttamente a Cecilia Metella per poi proseguire la Marcia tutti insieme. Ecco i percorsi secondari previsti al momento: i comitati dei Municipi XI e XII partiranno da Fonte Laurentina, attraverseranno varie aree a rischio, percorreranno il Parco di Tor Marancia fino al Parco dell’Appia (13 km, Referenti: Stefano Salvi 340-5606494, Luca Verducci 338-8171408). Federtrek partirà dalla fermata Cinecittà della Metro A, passerà per l’area dei Sette Acquedotti del Parco dell’Appia Antica, percorrendo via Giulio Agricola nel quartiere Statuario e costeggerà la Villa dei Quintili, arrivando alla Tomba degli Orazi e Curiazi e a quella di Cecilia Metella per un totale di 6-7 km (Referenti: Riccardo Virgili 347-3614568 e Paolo Piacentini 340-0607621). Un altro gruppo si aggregherà al Parco degli Acquedotti (Referente: Gabriele Farre 334-7660188). Uno dall’area Aurelio-Piccolomini (Referente Barbara Manara: 349-7876743) e uno da Piazza Vittorio (Referente: Marina Fresa 328-6484204). Un altro percorso, poi, sarà quello Piazza San Pietro – Colosseo attraverso via della Conciliazione – Corso Vittorio Emanuele – Piazza Venezia. (Referente: Giuseppe Forti e I Giri di Peppe 340-8331590)

Inviateci un’email per aderire all’iniziativa e per proporre un vostro percorso.

Ci saranno musica, con l’intervento, tra gli altri, della scuola popolare di musica di Testaccio, atti teatrali, letture e molto altro per dire forte e chiaro che siamo in cammino per la difesa dei suoli fertili, per fermare il consumo di suolo e per la Terra bene comune.

I

Piu’ verde in citta’ riduce… la criminalita’!

di Roberta Ragni

Città più sicure? Basta aumentare il verde urbano! Contrariamente a quanto si potrebbe credere, parchi e alberi nei nostri quartieri, se ben mantenuti, possono abbassare i tassi di alcuni tipi di reati, come l’aggressione aggravata, la rapina e il furto con scasso. È quanto emerge da uno studio della Temple University di Philadelphia, pubblicato sulla rivista Landscape and Urban Planning.

“C’è un principio di vecchia data, in particolare nella pianificazione urbana, che porta a non si volere un elevato livello di vegetazione, perché favorirebbe il criminale con una schermatura naturale della sua attività criminale, nonchè una sua eventuale fuga”, ha dichiarato Jeremy Mennis, professore associato di geografia e studi urbani della Temple.

Questo, invece, non è affatto vero: il verde, se ben tenuto, può avere un effetto soppressivo sulla criminalità. Dopo aver stabilito i controlli per altri fattori socioeconomici fondamentali legati alla criminalità, come la povertà, il livello di istruzione e la densità di popolazione, Mennis ha esaminato i dati sulla criminalità e sulla vegetazione, utilizzando per questi ultimi immagini satellitari. È così che ha scoperto che la presenza di erba, alberi e arbusti è associata a tassi di criminalità più bassi a Philadelphia, in particolare per rapine e aggressioni.

Gli autori ipotizzano che questo effetto deterrente sia dovuto al fatto che il verde favorisce l’interazione sociale e la supervisione da parte della comunità degli spazi pubblici, nonché un effetto calmante, riducendo così i precursori psicologici per atti violenti. Questi risultati offrono la prova, per i pianificatori urbani, che il verde andrebbe sempre incluso nella progettazione di piazze, quartieri e complessi. E anche che andrebbe inserito nelle strategie di prevenzione del crimine. Peccato dover constatare che in Italia ci siano a disposizione solo 30 mq di verde per ogni cittadino…

Delegazione francese ospite di Amsa e Novamont per studiare la raccolta dell’organico

Il gruppo fa capo all’associazione Reseau compost plus, che raggruppa le amministrazioni locali che differenziano l’organico e cercano alternative al trattamento meccanico biologico

Amsa, l’utility milanese di igiene urbana e Novamont, la principale azienda nazionale nella produzione di sacchetti biodegradabili e compostabili hanno ospitato nei giorni scorsi una delegazione di municipalità e consorzi francesi interessati a studiare i modelli di raccolta differenziata dell’organico in uso presso alcune città lombarde.
La delegazione fa capo all’associazione Reseau compost plus, che raggruppa quelle amministrazioni locali e quegli organismi d’Oltralpe che hanno scelto di raccogliere in maniera differenziata la frazione organica e che non intendono continuare ad avvalersi del metodo di trattamento meccanico biologico, il più in voga in Francia, perché ritenuto non in grado di soddisfare gli standard di qualità del compost assicurato da paesi come l’Italia, la Germania o il Regno Unito.
L’agenda, che ha compreso visite all’impianto di compostaggio di Albairate, alla piattaforma ecologica di Legnano e al centro Amsa Primaticcio-Silla di Milano, si inserisce nel contesto delle collaborazioni che Novamont da tempo sviluppa con le municipalità, i consorzi e le aziende che condividono la medesima attenzione verso modelli di raccolta differenziata efficaci ed efficienti, con particolare attenzione alla frazione organica.
In particolare il comune di Milano ed Amsa hanno recentemente avviato la seconda fase del piano di ampliamento della raccolta differenziata domestica della frazione organica con la consegna dei contenitori e dei sacchi in Mater.Bi forniti da Novamont per la raccolta dell’umido nella zona sud-est della città.

A scuola di Riciclo Creativo con la Banda Riciclante

Diffondere la cultura del riciclo creativo e del riuso degli oggetti. Stanno spopolando in tutta Italia i ragazzi della Banda Riciclante che portano nelle scuole secondarie di primo grado di diverse città italiane laboratori formativi e una tournée che unisce animazione teatrale e formazione sui temi del riuso e riciclo,raccolta differenziata e risparmio energetico, ecologia e riqualificazione urbana. Una banda nata per coinvolgere i ragazzi in un processo di apprendimento creativo e attivo sui temi della sostenibilità.

Dopo la prima fortunatissima tournèe che li ha visti scorrazzare per la Toscana toccando le città di Scandicci, Braga e Prato la Banda Riciclante sbarca nella Capitale, presso la scuola secondaria di primo grado dell’Istituto Comprensivo Virgilio. Dall’8 al 10 aprile spazio all’animazione teatrale, ai laboratori sull’energia sostenibile e il riuso dei materiali con il coinvolgimento di circa 70 ragazzi.

Mercoledì 10 aprile si terrà l’evento conclusivo del progetto che prevede l’installazione di un salotto riciclante realizzato dagli studenti insieme ai formatori che verrà inaugurato con una parata nei dintorni della scuola, in Via Giulia. L’installazione sarà composta da pallets per le sedute e un tavolo realizzato con materiale seriale, in questo caso bottiglie del latte, e vecchi pantaloni per creare i cuscini.

Dopo la tappa romana Banda Riciclante si sposterà a L’Aquila con il coinvolgimento di circa 50 ragazzi della Scuola Media Mazzini – Patini. I laboratori, questa volta, tratteranno di riuso dei materiali, animazione teatrale ed ecologia urbana. Per l’installazione, verrà realizzato un altro salotto riciclante, composto da assi di legno di recupero e un piccolo orto verticale realizzato grazie all’ausilio di palletts, l’inaugurazione del salotto è fissata per sabato 13 aprile.

A Falconara Marittima Banda Riciclante si fermerà dal 15 al 17 aprile, e lavorerà con l’ecocomitato della Scuola secondaria di primo grado “C.G.Cesare” dell’Istituto comprensivo di Falconara centro. I ragazzi dell’ecocomitato affronteranno i laboratori di ecologia urbana, riuso dei materiali e il laboratorio musicale riciclante. Il salotto riciclante questa volta verrà inserito nel parco pubblico Kennedy, e verrà realizzata una parata per inaugurare l’installazione e sarà coinvolta tutta la cittadinanza.

Il Progetto Banda Riciclante dell’Associazione culturale Teatro dei Mignoli è in parte sostenuto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Gioventù.

Contemporenea Aniene Pop Festival

Subiaco (RM)

ROCCA ABBAZIALE
Contemporanea Aniene Pop Festival

Appuntamento ogni domenica con il Teatro Popolare Contemporaneo tra danza, letture, musica dal vivo e spettacoli.

Fino al 28/4/2013

 

 

Subiaco

Raccolta differenziata : partecipare è un dovere

Del. di Giunta n° 18 del 29 marzo 2013

Affidamento all’Unione dei Comuni della Valle Ustica

centrale unica di committenza

Del. di Giunta n° 19 del 29 marzo 2013

Regolamento valutazione trasparenza

Little free library

Promuovere la cultura e condividere il sapere. Todd Bol e Rick Brooks hanno dato vita nel 2009 ad una organizzazione no profit che mira a dislocare mini librerie nelle città di tutto il mondo: piccoli box, cassette della posta, scatole decorate piene di libri che tutti possono prendere gratuitamente, leggere, scambiare con altri, arricchendo la piccola biblioteca con nuovi testi. Di fronte a un casa o agli angoli di una strada, chiunque può acquistare o costruire la propria libreria personale. La regola è solo una: “Prendi un libro, ne restituisci un altro”, una sorta di baratto della cultura. Un’iniziativa che sta avendo successo: “Nel 2011 c’erano appena 100 librerie, oggi sono quasi 6 mila in tutto il mondo” si legge sul sito dell’organizzazione, “a fine anno arriveremo a 25 mila”

A New York è il tempo delle biblioteche condominiali

Si diffonde a New York l’abitudine di avere sale-biblioteca nei complessi condominiali. Il libro, spiega un articolo pubblicato martedì 10 aprile sul Corriere della sera, diventa un pretesto, attorno al quale si formano gruppi di persone bisognose di incontro, di accoglienza. Così i proprietari ricchi di volumi non hanno più l’esigenza di dotarsi di locali ad hoc nel loro appartamento e quelli che meno testi si giovano del prestito. È in questa prospettiva che gli architetti statunitensi prevedono una sorta di «salotto» in comune dove i condomini possono trovarsi, rilassarsi, chiacchierare, leggere e bere qualcosa in compagnia.

In fondo è questo, sempre più, lo scopo delle living library, istituzioni molto diffuse in Danimarca, in Finlandia o in Gran Bretagna e divenute punti di incontro per gruppi di cittadini che hanno esigenze culturali ma soprattutto sociali. È una novità che prende piede anche in Italia, specie nei piccoli centri, dove la biblioteca di paese è vissuta come vero e proprio ente di welfare.

Il mio quartiere è una biblioteca

Sergio Calderale | 30 marzo 2013 |


Funziona così: alcune case editrici – attualmente sono 23, di cui 7 torinesi, elencate qui – hanno messo gratuitamente a disposizione 10 libri del loro catalogo che ora sono posizionati in una trentina di “Punti GiraLibro”, tra cui ristoranti, piadinerie, gastronomie e centri estetici (l’elenco completo qui). Chi capitasse in questi locali per le sue quotidiane faccende può lasciarsi incuriosire dai libri spuntati nottetempo (il progetto ha avuto inizio il 12 marzo) e leggerli in loco oppure portarseli a casa, come fosse una biblioteca a prestarglieli, per riconsegnarli comodamente in uno qualsiasi dei Punti GiraLibro attivati. L’idea è venuta alla libreria Trebisonda di Torino, che l’ha realizzata insieme all’Associazione commercianti del quartiere di San Salvario e con il sostegno della sua Circoscrizione.

Perché parlarne? Per due motivi. Il primo è che rappresenta bene una delle tendenze più forti in atto: trovare in modo pragmatico e volontaristico una soluzione alla scadente attività di promozione della lettura che promana dalle istituzioni. Una dettagliata indagine proprio sulle attività di promozione della lettura nel nostro Paese, prodotta da poco dall’associazione Forum del libro su incarico ministeriale, lo indica in maniera netta: «Un rapporto crudo che evidenzia gli effetti della crisi dipingendo un quadro poco confortante, anche a dispetto della vivacità di iniziative promosse da istituzioni nazionali e locali, pubbliche e private». Trovate alcuni appunti presi durante la sua presentazione in questo articolo.

Il secondo motivo è che piccole iniziative come questa sono la spia di come si senta il bisogno di sopperire alla carenze strategiche delle biblioteche. Va bene la mancanza di fondi, ma non fingiamo che i soldi guariscano tutti i mali. Al danno (per la collettività) si aggiunge anche una sorta di beffa per le biblioteche, che con il digitale rischiano di essere sorpassate a destra dai servizi offerti da aziende private, soprattutto se al digital divide non si sopperirà aggiornando il personale bibliotecario (ecco un buon esempio dato dalla Provincia di Roma). E se qualcuno ha voglia di scandalizzarsi perché un servizio normalmente gratuito per i cittadini rischia ora di divenire a pagamento, si ricordi che le biblioteche hanno un costo per la collettività, che paghiamo con le tasse invece che a consumo. Lo ha ricordato qualche giorno fa in un articolo dal tono provocatorio un bibliotecario americano dal sito American Libraries, emanazione della American Library Association.

Di iniziative volte a far “girare i libri” ce ne sono sempre di più, dicevamo. Sono progetti pensati come alternativi o come supporto e stimolo alle biblioteche. Un altro tutto italiano, e ben pensato, è Social Book, social network di prestito di libri tramite cui ogni utente mette a disposizione di tutti gli utenti la biblioteca personale che possiede in casa. Il desiderio è quello di bucare la sola dimensione della rete e «far incontrare i vicini, i dirimpettai, gli abitanti del rione», come ci ha detto in un’intervista il fondatore. Lungi dall’esaurirsi in un peer to peer tra lettori in carne e ossa, l’idea vorrebbe «essere adottata da comuni, circoscrizioni, biblioteche; e coinvolgere i privati del settore editoriale e sociale». Ma anche la semplice e geniale idea dell’Underground Library – non a caso uno dei nostri post più condivisi.

Per comprendere meglio le intenzioni del progetto GiraLibro abbiamo rivolto qualche domanda a Malvina Cagna della libreria Trebisonda.

D: Che parentela c’è tra il GiraLibro e gli Idea Store londinesi sorti nel 2002? Anche lì la collocazione originaria del progetto era un quartiere multietnico in cui le biblioteche tradizionali non riuscivano ad attrarre una considerevole fetta dei residenti, soprattutto coloro che provenivano da Paesi in cui la biblioteca è vissuta come un luogo riservato a una ristretta élite di intellettuali e studiosi, ancor più che da noi. Portare i libri, ma non solo (leggasi corsi e occasioni di incontro reciproco) tra le persone che solitamente non vi si avvicinavano è stato possibile innestando nei luoghi più frequentati del quartiere una concezione alternativa di biblioteca, forse più simile a un negozio e per questo meno intimorente. Il sostegno finanziario è pubblico e gli Idea Store stanno sostituendo le biblioteche, proponendosi come un’alternativa finalmente efficiente e capace di compiere la sua missione. Il direttore degli Idea Store, l’italiano Sergio Dogliani, è molto “invocato” dall’Italia, ma non succede niente di tangibile nonostante gli estimatori del progetto a vari livelli, anche istituzionali, e nonostante sia un dato di fatto che le nostre biblioteche così come sono abbiano un potere di attrattiva molto basso, non solo per gli scarsi fondi a disposizione ma anche per le strategie adottate. Proprio per questo, il progetto Idea Store è partito da un accurato ed esteso sondaggio tra le persone del quartiere per comprenderne le esigenze e strutturare l’offerta bibliotecaria a partire da quelle.
Ecco la domanda: il vostro progetto da dove è partito e dove vuole arrivare?

R: Il progetto si ispira al bookcrossing. L’idea che lo muove è far uscire il libro dai circuiti culturali tradizionali per avventurarsi in luoghi frequentati quotidianamente. In questo modo il libro può entrare a far parte della vita (o almeno della visuale) di quelle molte persone che non frequentano librerie o biblioteche, cinema o teatri.

D: Avete dialogato con le biblioteche? Avete provato a “far girare” i libri già lì ospitati presso di esse o a trovare altre sinergie di rimando reciproco?

R: GiraLibro è un progetto che nasce in un quartiere in cui non esiste, al momento, una biblioteca. C’è un punto prestito, all’interno della scuola elementare e media, che apre solo 3 mezze giornate alla settimana. Ma, a parte questi dati di fatto, GiraLibro vuole dialogare principalmente con ambiti “altri”: esercizi commerciali in primis.

D: Veniamo al funzionamento del GiraLibro nella pratica. La scelta dei libri da immettere nel GiraLibro come avviene? è lasciata alle case editrici o se ne occupa qualcuno di voi?
Inoltre: Chi cataloga fisicamente i libri? e in che modo viene poi gestito il prestito?

R: Agli editori è stato chiesto di mettere a disposizione 10 libri. Le risposte sono state diverse: alcuni hanno regalato al progetto 10 titoli, altri meno, fino al caso di due editori che hanno donato dieci copie dello stesso titolo. Sul sito di GiraLibro c’è un’apposita sezione “Editori” in cui, dopo una descrizione di ogni casa editrice, compare l’elenco dei titoli forniti. I libri sono poi stati smistati nei vari punti GiraLibro, tenendo anche conto delle specificità di ogni luogo: dunque (anche) autori del Sud America nel ristorante argentino e del Nord Africa dal venditore di kebab, o libri a tema artistico nelle gallerie, per fare qualche esempio. Chi vuole portarsi a casa un libro può farlo, lasciando nome, cognome e un recapito. I libri si possono riportare in qualsiasi altro punto GiraLibro. In questo momento la maggior parte dei libri è (giustamente!) in giro. La prossima settimana occorrerà fare il punto della situazione e riequilibrare le quantità di volumi in dotazione a ogni punto GL. Non è ancora stata sfruttata la possibilità, offerta dal sito, di commentare e recensire i libri. È attiva anche la pagina Facebook. Probabilmente sarà necessario sensibilizzare i punti GL perché ricordino ai lettori anche questa opportunità di partecipare al progetto, consigliando altri lettori.

D: Cerchiamo di guardare oltre: il GiraLibro al momento ci sembra che si basi soprattutto sulla buona volontà: della libreria che l’ha ideato, di diffondere la passione per la lettura nel quartiere; delle case editrici disposte a regalare un po’ dei propri libri; e dei negozi che ospitano i libri senza averne un ritorno economico immediato dallo spazio che comunque dovranno riservare alla lettura o a chi intenda dedicarvisi in loco. Ci chiediamo se al momento vi sia una qualche forma di sostegno economico e come venga utilizzato, ma soprattutto, guardando in prospettiva vi domandiamo: se il progetto dovesse espandersi geograficamente non si potrà certo pretendere che il numero di libri messi gratuitamente a disposizione dalle case editrici cresca proporzionalmente: quale dunque la sostenibilità del progetto per gli editori, o per chi si trovi a dover gestire e promuovere il GiraLibro?

R: È vero: il progetto si basa sulla buona volontà di una libreria e sulla disponibilità degli editori e dei punti GiraLibro. I finanziamenti che sono stati richiesti, e concessi, dalla Circoscrizione 8 di Torino, serviranno unicamente per coprire le spese di grafica e stampa dei materiali di comunicazione, essendo l’aspetto della comunicazione di importanza fondamentale. GiraLibro è un progetto che promuove la lettura e prima ancora la visibilità di alcuni piccoli e medi editori italiani. Come libraia, so che anche i lettori più attenti possono non avere idea dell’esistenza di case editrici che hanno portato in Italia autori importantissimi di Paesi e di interi continenti (dalla Scandinavia al Nord America, dal Centro e Sud America all’Asia). Spesso, anche se si è incuriositi dal titolo, dall’autore, dall’editore stesso, libri del genere vengono poi lasciati sugli scaffali e sui tavoli, e ci si orienta sull’editore più noto, come se questo desse più garanzie sulla qualità e sulla piacevolezza della lettura. Dunque adesso è possibile, a costo zero, portarsi a casa questi libri, conoscerli e, si spera, apprezzarli. Sappiamo che il passaparola è uno dei meccanismi che più valgono, nella promozione dei libri in special modo. San Salvario è il quartiere giusto per un’iniziativa di questo tipo. Un quartiere studentesco, popolare e intellettuale, creativo (non si contano gli atelier artigianali, gli studi, le gallerie, le associazioni culturali) e multietnico. Ma quel che interessa a chi ci vive, e ci lavora, è anche una trasformazione avvenuta nell’ultimo anno e mezzo: hanno aperto una cinquantina di nuovi locali tra cocktail bar, ristoranti, gastronomie e gallerie. E GiraLibro si rivolge, e si fa trovare, anche da quei torinesi e non che capitano a San Salvario una sera, a mangiare da qualche parte, a prendere un aperitivo, a vedere una mostra. Direi che questo quartiere è simile ad altri quartieri di città straniere più popolose e cosmopolite. Quindi GiraLibro sta bene qui. Non so se altrove potrebbe attecchire altrettanto bene (a distanza di 2 settimane dall’avvio del progetto, è un fatto che i libri girano veramente, specie i libri per bambini e ragazzi: un elemento da prendere in considerazione per un’eventuale riprogettazione) e non so come sarebbe possibile coprire i costi in caso di un’estensione territoriale. Non vedo altra strada se non quella dei finanziamenti pubblici; e un’alleanza con le biblioteche sarebbe auspicabile, in questo caso.

Nell’augurare pieno successo a GiraLibro, vi lasciamo il gusto di approfondire ulteriormente con una utile intervista a Sergio Dogliani: “Idea Store, luogo per tutti” (2° parte). Questo non perché riteniamo che gli Idea Store siano la soluzione – lo stesso Dogliani non è (e non può essere) sicuro circa una loro replicabilità fuori dal contesto londinese – ma perché tutti sappiamo che senza una accurata indagine di mercato (ascolto delle esigenze delle persone, ma non solo) e un serio piano di investimento le iniziative volontarie non potranno mai da sole soddisfare le molteplici esigenze di tutta una popolazione. Imparino dunque i nostri rappresentanti istituzionali a mettere “a sistema” tali iniziative, senza pigramente valorizzarne una piuttosto che l’altra, ma studiandole tutte in modo efficiente, trovando il minimo comune denominatore, e moltiplicandone l’efficacia complessiva.

Fonte: tropicodellibro.it (che ringraziamo)

Ulivo secolare